Sono ormai alla fine del racconto.
Vedo la fine della storia di questo lungo viaggio attraverso l’Africa i cui protagonisti, oltre all’Africa siamo io, l’Imperatore e la Nissan verde bottiglia con il cofano decorato.
Ricordo aiutata dai diari di viaggio
Scrivo ma fatico a descrivere la bellezza la grandezza e la sacra semplicità di questo continente e dei suoi abitanti.
Il racconto nel blog precedente si era fermato a Ouagadougou, caotica città del Burkina Faso.
Riprendo a raccontare da quando abbiamo lasciato quella strana città frenetica. C’è un preoccupante divario tra le condizioni di vita in città e nella campagna circostante. A Ouaga si sente la presenza dell’ONU, brulica di auto lussuose con la targa verde per gli ambasciatori, le auto della polizia con la targa nera e poi motorini, biciclette ed auto che sbucano da ogni angolo. Mentre nei sobborghi e nelle campagne la gente vive ancora nelle capanne.
Viaggiamo per quattro ore su una strada perfettamente goudronata ed arriviamo nella Repubblica del Benin passando da Fada N’Gurma e Porga lasciandoci alle spalle il Burkina Faso.
Appena entrati nella città di Porga andiamo all’ingresso del Parco Nazionale del Pendjari e pranziamo. Io e l’Imperatore siamo entrambi buone forchette. Nel pomeriggio facciamo un giro nel parco ed avvistiamo un po’ di animali tra i quali alcuni elefanti. Decidiamo di allestire la cena in campeggio e domani vogliamo goderci tutto il giro del parco.
Oggi il termometro ha toccato i 35 gradi. Caldo africano!! Prima di dormire ci costruiamo una canna con l’erba che ho sottratto a Joe svuotando le Marlboro che abbiamo portato dall’Italia, ci mette entrambi in ko tecnico, ma che dormita!!!!!
Uno dei più bei parchi dell’ Africa occidentale
Ci alziamo all’alba per visitare il Parco Nazionale del Pendjari. La visita dura sei ore, e percorriamo circa 200 km di fuoristrada, anche qui tanto tole ondulé.

Il Parco Nazionale del Pendjari, si estende su una superficie di 275.000 ettari ed è uno dei parchi nazionali più interessanti dell’Africa Occidentale. Situato nel nord-ovest del Benin, al confine con il Burkina Faso dal 1986 il parco è patrimonio dall’UNESCO. Questo posto selvaggio è ritenuto oggi uno degli ultimi ambienti naturali dell’Africa
Il periodo migliore per visitarlo sarebbe verso la fine della stagione secca, quando gli animali si avvicinano alle pozze d’acqua. Ma noi siamo qui ora!

In un maestoso paesaggio, tra rupi e savana boscosa giriamo per il Parco estasiati. Incrociamo mandrie di bufali, ippopotami, elefanti a 20 metri dalla macchina, babbuini, antilopi e facoceri ( sì sì Pumbaa!!). Scopriamo che ci vivono anche leoni, ghepardi, leopardi, ippopotami e una miriade di uccelli. Pensiamo anche di aver trovato delle orme di leone (o di qualche felino gigantesco).



Finito il giro nel parco ci avviamo verso sud ed arriviamo nella città di Savalou dove facciamo campo nel cortile dell’immancabile gendarmeria sotto due enormi acacie che abbiamo scoperto successivamente essere popolate da alcune centinaia di pipistrelli.
Ceniamo ascoltando un bell’album di De Gregori, Rimmel. Stranamente niente musica rock, niente Bob Dylan o Led Zeppelin, ma stasera, questa, è la colonna sonora perfetta.
Il paesaggio è definitivamente cambiato, ci sono alberi ovunque, è il trionfo della natura. Ovunque gente a piedi che trasporta qualcosa, le donne soprattutto, e le auto sono cariche di persone, animali, mercanzie varie all’inverosimile!


La passione per i capelli
L’imperatore nota che in tutto il Benin c’è una passione per i capelli: in tutti villaggi che attraversiamo ci sono decine e decine di pettinatrici e parrucchieri. Un negozio dopo l’altro dappertutto, non esiste apparentemente altra attività se non pettinare la gente con elaborate acconciature, capelli stirati, perline, colori.
Abomey, i re e le amazzoni
Durante la mattinata facciamo una capatina nella città di Abomey, molto importante nel ‘700 e ‘800 perché era un centro di commercio di schiavi. Abomey ha anche avuto una dinastia reale estinta con la dominazione francese. I re di Abomey avevano un esercito di amazzoni tagliatrici di teste ed erano molto violenti, facevano mescolare il cemento con il sangue dei loro prigionieri e ci costruivano le case. In effetti, la malta tra i mattoni è rosso scuro. AZZ!!!
Gli schiavi venivano scambiati con cannoni: 15 uomini oppure 21 donne per un cannone. Notiamo che più che il lusso questa stirpe di re amava la violenza. Nel palazzo niente sfarzo, niente stucchi o dorature, solo tantissime stanza adibite a svariate funzioni; un tripudio di scettri ed armi. Nulla a che vedere con i palazzi dei re cui sono abituata io.
Sono un po’ affascinata ed un po’ schifata.
Lasciata Abomey ci avviamo verso sud diretti a Ouidah la capitale del woodoo ed il luogo da cui partivano gli schiavi diretti nelle Americhe.
La strada è asfaltata fino agli ultimi 40 km, finalmente raggiungiamo la costa atlantica. Ouidah è una bellissima città fremente di vita. Suggestiva la “via degli schiavi” e stupenda la spiaggia allo stato brado!

Ouidah e la porta del non ritorno
Siamo a oltre 10.000 km dall’Italia, non sembra vero, e il carter tiene alla faccia dell’inglese.
Dopo un bagno nell’oceano andiamo a fare un giro al mercato locale e poi a visitare il museo woodoo.
Non trovando un campeggio decidiamo di alloggiare in un hotel sulla spiaggia, circondati da palme di cocco ed uccelli colorati. Ci assegnano un Bungalow azzurro col tetto di paglia.

Al mattino prima di lasciare la cittadina sull’Atlantico visitiamo Ouidah Museum of History il museo storico sullo schiavismo.
I mercanti di schiavi erano portoghesi, danesi, inglesi, olandesi e francesi. Sorprendentemente non c’erano gli spagnoli. Il museo si trova all’interno del complesso del Forte Portoghese a Ouidah. Le collezioni permanenti del Ouidah Museum of History raccontano la storia e le tradizioni degli abitanti della regione. A partire dai manufatti dell’antico forte portoghese, le collezioni descrivono attraverso oggetti, immagini e manufatti la storia dei regni impegnati nel commerciare schiavi con gli europei in cambio di ricchezza e potere. Scopriamo che circa 1 milione di schiavi furono deportati dalla zone del Benin alle Americhe; inoltre sembra che nessuna delle Amazzoni dell’esercito del re di Abomey sia stata mai catturata e venduta come schiava. L’ultima Amazzone è morta nel 2003.

Percorriamo anche la “via degli schiavi”, che dal centro porta al mare, tutta piena di monumenti, targhe e testimonianze di quel terribile e triste periodo. Questo è il luogo da dove le persone partivano quando venivano vendute come schiavi. E’ difficile riuscire a descrivere le sensazioni che provo mentre sono lì ad osservare il bellissimo monumento in onore di tutti i poveretti che sono stati costretti a lasciare la loro patria. E’ uno di quei posti che cambia la tua prospettiva per sempre, sentivo la presenza ed il dolore di migliaia di anime. Pazzesco.

Lasciamo Ouidah e in circa 2 ore su strada asfaltata arriviamo in Togo. Questo ridente paese dell’Africa Nera ci sembra molto pulito ed organizzato. Ci sono orti, serre, automobili decenti e strade asfaltate bene, pulite ed ordinate.
A Lomè contattiamo l’agenzia che si occuperà della spedizione della macchina, noi voleremo invece da Lomè a Parigi e da lì a Milano la sera del 29 Gennaio 2008.
Fatto tutto questo decidiamo di andare alla frontiera con il Ghana che è attaccata a Lomè. Qui sfortunatamente non ci fanno entrare perché non abbiamo il visto. Dobbiamo quindi aspettare qualche giorno finchè i visti non saranno pronti. L’Imperatore tenta in ogni modo di corrompere i gendarmi alla frontiera, ma nulla da fare. Decidiamo infine di pernottare all’Hotel Mercure di Lomè, in quanto neanche in Togo troviamo un campeggio.
Siamo ormai alla fine di questo straordinario viaggio, manca il Ghana e poi torneremo a casa…
TO BE CONTINUED…
Se ti interessa il “prima” di questo fantastico lungo viaggio, puoi trovare gli altri articoli nella sezione POSTI sempre qui nel blog:
Se non hai voglia di cercare, ecco i link:
ETC ETC ETC…..
2 risposte su “Benin e Togo”
Manca solo più il Ghana . Mi ricordo la notte passata alla frontiera di Menuso tra Togo e Ghana. Neanche con 300 euro sono riuscito a passare. Però ricordo che a un certo punto la pista è finita e abbiamo fatto 1 km in un prato con l’erba alta un metro alla cieca. Eravamo nella foresta del Togo….
"Mi piace"Piace a 1 persona
Infatti, quella notte la ricordo bene, ed anche il Ghana. Ma la racconteremo la prossima volta ❤
"Mi piace""Mi piace"