Qual è la tua poesia preferita?
L’ho chiesto a me stessa
L’ho chiesto a me stessa e non ho trovato risposta, nel senso che a seconda dei periodi e dei momenti ho avuto poesie preferite. Sono stata una grande amante di Catullo al liceo, dico amante e non studiosa, perché veramente l’ho studiato poco, anche se mi ha regalato un 48/60 alla maturità. Conoscevo l’incipit di tutte le poesie di Catullo, che non era nemmeno nel programma di terza liceo, ma mi piaceva tanto, parlava dell’amore che sentivo anche io. Sempre all’esame di maturità ho portato una poesia struggente di Sergio Corazzini esponente del movimento Crepuscolare.
Ricordo quanto mi toccassero quei versi.
Poco fa l’ho cercata e non mi ha fatto lo stesso effetto, anche se posso capire, perché da ragazza mi provocasse lacrime copiose e un senso di fratellanza per l’autore.
I Perché tu mi dici: poeta? Io non sono un poeta. Io non sono che un piccolo fanciullo che piange. Vedi: non ho che le lagrime da offrire al Silenzio. Perché tu mi dici: poeta? II Le mie tristezze sono povere tristezze comuni. Le mie gioie furono semplici, semplici così, che se io dovessi confessarle a te arrossirei. Oggi io penso a morire. III Io voglio morire, solamente, perché sono stanco; solamente perché i grandi angioli su le vetrate delle cattedrali mi fanno tramare d'amore e d'angoscia; solamente perché, io sono, oramai, rassegnato come uno specchio, come un povero specchio melanconico. Vedi che io non sono un poeta: sono un fanciullo triste che ha voglia di morire. IV Oh, non maravigliarti della mia tristezza! E non domandarmi; io non saprei dirti che parole così vane, Dio mio, così vane, che mi verrebbe di piangere come se fossi per morire. Le mie lagrime avrebbero l'aria di sgranare un rosario di tristezza davanti alla mia anima sette volte dolente, ma io non sarei un poeta; sarei, semplicemente, un dolce e pensoso fanciullo cui avvenisse di pregare, così, come canta e come dorme. V Io mi comunico del silenzio, cotidianamente, come di Gesù. E i sacerdoti del silenzio sono i romori, poi che senza di essi io non avrei cercato e trovato il Dio. VI Questa notte ho dormito con le mani in croce. Mi sembrò di essere un piccolo e dolce fanciullo dimenticato da tutti gli umani, povera tenera preda del primo venuto; e desiderai di essere venduto, di essere battuto di essere costretto a digiunare per potermi mettere a piangere tutto solo, disperatamente triste, in un angolo oscuro. VII Io amo la vita semplice delle cose. Quante passioni vidi sfogliarsi, a poco a poco, per ogni cosa che se ne andava! Ma tu non mi comprendi e sorridi. E pensi che io sia malato. VIII Oh, io sono, veramente malato! E muoio, un poco, ogni giorno. Vedi: come le cose. Non sono, dunque, un poeta: io so che per essere detto: poeta, conviene viver ben altra vita! Io non so, Dio mio, che morire. Amen.

La poesia è composta da 8 strofe di versi liberi che sembrano a volte prosa. Le strofe sono di diversa lunghezza ma legate tra loro da ripetizioni, come una canzone. O meglio, me fa venire in mente la struttura di una canzone da cantautore.
Il tono è colloquiale, dimesso e semplice, senza fronzoli.
Già dal titolo si intuiscono i contenuti e i principali motivi della poesia autobiografica che si riferisce alla condizione stessa dell’autore e della poesia in genere.
È una poesia emotiva, fatta di sentimenti piccoli, comuni e poveri, come è povero il poeta. Ed è anche desolato.
ALLEGRIA!!!
Ho pensato di fare un esperimento
Ho chiesto a qualche amica ed amico quale fosse la loro poesia preferita ed ho ricevuto tante risposte e tantissime sorprese.
La prima dal mio animale domestico junior che come me ama Catullo (mi ha detto erano facili da tradurre e prendevo bei voti) e poi ha ricordato una strabella lirica di Ungaretti.
SOLDATI
Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie.
Capolavoro dell’ermetismo, 4 versi, una similitudine ed un concetto: la trovo straordinaria. I soldati al fronte, come le foglie, sugli alberi d’autunno: da un mo0mento all’altro possono cadere.
La Giorgia, fidanzata del mio animale domestico junior mi ha chiesto: “Vale da mihi basia mille? il carme di Catullo?? Perché lo abbiamo studiato quando eravamo in classe insieme io e Rico e lui prendeva i carmi e li riscriveva in base alla nostra storia. Piccolo dolce Rico”.

SBAMMM!
Bellissimo, la Giorgia e il mio animale domestico Junior, hanno fatto una scelta “comune”! Mi piace molto, è un inno a fregarsene delle malelingue, a baciarsi, amarsi e vivere.
Vivamus mea Lesbia
Vivamus mea Lesbia, atque amemus, rumoresque senum severiorum omnes unius aestimemus assis! soles occidere et redire possunt: nobis cum semel occidit brevis lux, nox est perpetua una dormienda. Da mi basia mille, deinde centum, dein mille altera, dein secunda centum, deinde usque altera mille, deinde centum. dein, cum milia multa fecerimus, conturbabimus illa, ne sciamus, aut ne quis malus invidere possit, cum tantum sciat esse basiorum.
Isabella, la mia amica creatrice mi dice:
“Mi hai messo in crisi perché ne ho pensate diverse e non so quale scegliere. Alla fine sono tornata su quella che mi è venuta in mente di getto per prima. Ed è Batte Botte dai Canti Orfici di Dino Campana. “

Batte Botte
Ne la nave Che si scuote, Con le navi che percuote Di un’aurora Sulla prora Splende un occhio Incandescente: (Il mio passo Solitario Beve l’ombra Per il Quais) Ne la luce Uniforme Da le navi A la città Solo il passo Che a la notte Solitario Si percuote Per la notte Dalle navi Solitario Ripercuote: Così vasta Così ambigua Per la notte Così pura! L’acqua (il mare Che n’esala?) A le rotte Ne la notte Batte: cieco Per le rotte Dentro l’occhio Disumano De la notte Di un destino Ne la notte Più lontano Per le rotte De la notte Il mio passo Batte botte.
Grazie Isabella, non la conoscevo! Dino Campana è un poeta stravagante, non lo si può incasellare in nessun filone. La poesia parla di un poeta notturno che passeggia di notte nella notte come un cane randagio per il porto di Genova. E riesce a cogliere l’effetto musicale dei suoi passi e del perpetuo andirivieni del mare. Ne scaturisce un ritmo poetico battente, martellante. Lo voglio approfondire!
Laura mi ha detto: “a me alla tua domanda è venuta in mente la Merini per la Fracci, in vero non ho una poesia preferita, mi ha colpito questa, soprattutto le battute finali “.

Alda Merini
Delle lusinghe della notte un sogno
esce e percorre tutta la vallata
una fata che genera altri tempi
e vola via come una canzone
Non occorre nel vederti danzare
aver letto molti testi
oppure domandandosi
l’origne dell’amore.
Tu sei l’amore
tu sei il sentimento
tu sei illogica
come la ragione
tu sei leggera come la follia.
Indicata, in questi giorni. Il mondo ha perso una grandissima artista, Carla Fracci leggera come la follia.
Alda Merini, questa grande donna, la poetessa dei Navigli, è colei che più di mille accademici riesce a far leggere poesia alla gente comune. La poesia era ed è la sua bacchetta magica per rendere il mondo più bello e brillante. La Merini ebbe una vita travagliata e piena di dolore. Visse tentando di avvicinarsi alla normalità elaborando i ricordi terribili dell’ospedale psichiatrico. Grazie alla poesia ricca di provocazioni riesce ad andare al di là di del socialmente accettabile.
Alda “fragile, opulenta donna, matrice di paradiso”.
Enrica la mia morosa mantovana, la Trilly ed anche Stefano di Padova hanno ricordato una straordinaria poesia del Vate.
La pioggia nel pineto
Taci. Su le soglie del bosco non odo parole che dici umane; ma odo parole più nuove che parlano gocciole e foglie lontane. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove su i pini scagliosi ed irti, piove su i mirti divini, su le ginestre fulgenti di fiori accolti, su i ginepri folti di coccole aulenti, piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggieri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude, o Ermione. Odi? La pioggia cade su la solitaria verdura con un crepitío che dura e varia nell'aria secondo le fronde più rade, men rade. Ascolta. Risponde al pianto il canto delle cicale che il pianto australe non impaura, nè il ciel cinerino. E il pino ha un suono, e il mirto altro suono, e il ginepro altro ancóra, stromenti diversi sotto innumerevoli dita. E immersi noi siam nello spirto silvestre, d'arborea vita viventi; e il tuo volto ebro è molle di pioggia come una foglia, e le tue chiome auliscono come le chiare ginestre, o creatura terrestre che hai nome Ermione. Ascolta, ascolta. L'accordo delle aeree cicale a poco a poco più sordo si fa sotto il pianto che cresce; ma un canto vi si mesce più roco che di laggiù sale, dall'umida ombra remota. Più sordo e più fioco s'allenta, si spegne. Sola una nota ancor trema, si spegne, risorge, trema, si spegne. Non s'ode voce del mare. Or s'ode su tutta la fronda crosciare l'argentea pioggia che monda, il croscio che varia secondo la fronda più folta, men folta. Ascolta. La figlia dell'aria è muta; ma la figlia del limo lontana, la rana, canta nell'ombra più fonda, chi sa dove, chi sa dove! E piove su le tue ciglia, Ermione. Piove su le tue ciglia nere sìche par tu pianga ma di piacere; non bianca ma quasi fatta virente, par da scorza tu esca. E tutta la vita è in noi fresca aulente, il cuor nel petto è come pesca intatta, tra le pàlpebre gli occhi son come polle tra l'erbe, i denti negli alvèoli con come mandorle acerbe. E andiam di fratta in fratta, or congiunti or disciolti (e il verde vigor rude ci allaccia i mallèoli c'intrica i ginocchi) chi sa dove, chi sa dove! E piove su i nostri vólti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggieri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri m'illuse, che oggi t'illude, o Ermione.

Durante un temporale estivo il poeta si immerge nel paesaggio e chiede subito alla sua compagna di far silenzio “Taci!” perché vuole solamente ascoltare i rumori dell’acqua e contemplare la natura che si trasforma intorno, sotto l’incessante picchiettare della pioggia. Così sensuale, con la fusione dell’uomo con la Natura; mentre la pioggia cade, ogni albero produce un suono diverso, sembrando strumenti suonati da tante mani. Così al poeta sembra di essere talmente immerso nella vegetazione. Ogni verso è un altro passo dentro questo mondo incontaminato, lontano dall’umanità, finché non si perde del tutto. Diventa partecipe della vita del bosco e ne diventa parte insieme alla sua Ermione.*
*Non c’entra Harry Potter, il poeta si riferisce ad Eleonora Duse. Prende il nome dalla mitologia greca, infatti Ermione è una dea scelta dal Vate per la sua grande bellezza perfetta per celebrare l’altrettanto straordinaria avvenenza di Eleonora Duse di cui si era invaghito.
Ah, che meraviglia D’Annunzio!
Alessandra invece mi ricorda una bellissima poesia della Szymborska:

Devo molto a quelli che non amo
Devo molto a quelli che non amo. Il sollievo con cui accetto che siano più vicini a un altro. La gioia di non essere io il lupo dei loro agnelli. Mi sento in pace con loro e in libertà con loro, e questo l’amore non può darlo, né riesce a toglierlo. Non li aspetto dalla porta alla finestra. Paziente quasi come una meridiana, capisco ciò che l’amore non capisce, perdono ciò che l’amore mai perdonerebbe. Da un incontro a una lettera passa non un’eternità, ma solo qualche giorno o settimana. I viaggi con loro vanno sempre bene, i concerti sono ascoltati fino in fondo, le cattedrali visitate, i paesaggi nitidi. E quando ci separano sette monti e fiumi, sono monti e fiumi che trovi su ogni atlante. È merito loro se vivo in tre dimensioni, in uno spazio non lirico e non retorico, con un orizzonte vero, perché mobile. Loro stessi non sanno quanto portano nelle mani vuote. «Non devo loro nulla» – direbbe l’amore sulla questione aperta. Wisława Szymborska
Grazie Alessandra, le poesie della Szymborska mi sono sempre piaciute perché caratterizzate da una grande semplicità linguistica. La poetessa utilizza l’ironia, il paradosso e la contraddizione per parlare di temi filosofici attraverso le sue poesie che, anche se spesso brevi, riescono a toccare con profondità temi riguardanti la condizione delle persone. L’idea di ringraziare le persone che non ama è originale e suggestiva. Il non amore è raccontato in chiave positiva, serve a comprendere ciò che ci circonda con lucidità, senza le preoccupazioni e le paure legate all’amore come ansia, gelosia, nostalgia. Grazie!
Riccardo dall’Emilia ha citato Ezra Pound e Contro l’usura che non conoscevo. L’ho letta, molto molto bella. Non l’ho copincollata perché lunga, ma vale la pena cercarla e leggerla! Parlando di usura Pound non si riferisce soltanto al credito praticato dagli usurai: per lui è usura tutto ciò che implica un uso del denaro per speculare, tutti gli usi non produttivi. Contrappone l’usura a una serie di cose necessarie perché l’uomo possa vivere una vita dignitosa e ricca spiritualmente. Molto bella, più che una poesia è una denuncia.
La mia amica Valentina mi ha suggerito una strofa di Desired Constellation, una canzone di Bjork, la riporto perché è stata originale, e Bjork è geniale. Questa canzone è bellissima ed è pura poesia. L’artista è una grande sperimentatrice, impossibile definirla. La ricordo in un film, straordinario, di molti anni fa, Dancer in the dark. Grazie a Valentina per avermi riportato alla memoria Bjork, ascoltarla mi ha fluttuata in un’altra dimensione.
With a palm full of stars I throw them like dice (repeatedly) On the table (repeat, repeatedly) I shake them like dice And throw them on the table repeatedly (repeatedly) Until the desired constellation appears
Il mio amico Luigi P. mi ha regalato i versi di Kavafis che con la sua Itaca mi ha riportato ad altri lontani ricordi…la Marzia una splendida poesia dell’americano Robert Frost, la Mara mi ha citato Petrarca, Rosaria la Dickinson, il Donzelli Vecchioni, Marco De Andrè, la Renza il Leopardi, Claudia una bellissima poesia di Antonio Machado e la principessa Bea il Montale, e molti molti altri. Quindi ho deciso di frammentare l’articolo..
E LA TUA QUAL É??????????????????????
…TO BE CONTINUED…
2 risposte su “la poesia preferita 1”
I tuoi blog, oltre ad essere divertenti, sono anche molto colti e profondi. Grazie per queste pillole di vita che ci regali.
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Grazie caro Vincenzo. I mie blog sono conditi con la mia personalità e la mia felicità! ❤
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