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Sapori (ricordi e desideri)

quando avrai giudizio

…I cugini poco più grandi di noi, erano degli eroi…

La mia, come molte, è una famiglia spettinata e sparsa. I miei genitori sono arrivati sul lago di Garda giovanissimi per esigenze di lavoro; mio padre nel 1954 dall’Emilia Romagna, mentre mia madre dalla provincia di Padova nel 1961, in pieno boom economico. Alla mia nascita, nel 1967 la famiglia di mia madre era composta dalla nonna Maria ( quasi tutti abbiamo una nonna o una zia Maria, no??? ), lo zio( fratello di mamma ), la zia ( moglie dello zio ) ed i mie tre cugini [c’era poi lo zio Nino, emigrato in Australia che non tornava in Italia da anni, mentre il nonno Tony era morto pochi giorni prima della mia nascita]. Da che io ricordi, andare a Padova era per me un’avventura, un momento catartico pieno di sorprese e di novità. La nonna Maria, gli zii e cugini abitavano in un paesino in provincia di Padova e fin da piccola ero super eccitata quando si andava a far loro visita.

CUCCIOLODiRUSPA | La strada lungo il Brenta

Si andava a Padova anche per le festività dei Morti e dei Santi, a volte papà decideva di non percorrere la Serenissima, l’autostrada, ma passava dalla Valsugana e per l’occasione, nel suo adorato mangianastri sotto il sedile di guida, metteva una delle raccolte di canti degli alpini. Ad un certo punto si intonava:

quando saremo fora fora dela Valsugaaaanaa” , e poi a seguire tutte le altre, da Quel mazzolin di fiori, a Sul cappello, Ta Pum, Era una notte che pioveva etc etc.

Quella canzone era d’obbligo quando passavamo attraverso quella Valle; 50 anni fa la strada era ben diversa dall’attuale; allora era piena di curve, molto stretta e non certo scorrevole.

Tanti anni fa anche il mese di novembre era differente: faceva freddissimo ed andavamo sempre al camposanto, immerso nella nebbia, prima di andare a pranzo a casa della nonna Maria. Il cimitero dove era sepolto il nonno Tony era anche un punto di incontro per trovare parenti che mai vedevo, che mia mamma mi raccontava e contestualizzava, e che avevo sempre voglia di andare a trovare. C’era lo zio che aveva tantissimi figli ed una moglie simpaticissima e solare; c’era quello che aveva un piccolo zoo di campagna con tantissimi animali e campi a perdita d’occhio; c’era la cugina magliaia che ogni volta che si andava a trovarla ci regalava dei bellissimi capi d’abbigliamento fatti a mano; c’era la santola della mamma gentilissima e che serviva il caffè nelle chicchere delle grandi occasioni. A ripensarci ora mi sovviene una meravigliosa poesia di Guido Gozzano: L’amica di nonna Speranza. La sensazione è la medesima: il ricordo di quel tempo lontano e perduto, dei salotti con le loro suppellettili ormai obsolete, con i centrini fatti all’uncinetto, i fiori di plastica sbiaditi. Era un mondo fatto di oggetti e di valori ormai consunti, ma il ricordo di quei giorni così pieni di affettuosa accoglienza mi suscita una dolcissima nostalgia.

La mamma ci teneva a vestire me e mia sorella come due brave bambine, con mia sorella le riusciva bene, con me un po’ meno: io odiavo l’elastico delle calze di lana che “mordeva” i miei polpacci paciocconi, odiavo il cappello che perdevo puntualmente, non sopportavo il cappotto soprattutto se dovevo abbottonarlo e preferivo di gran lunga i pantaloni alle gonnelle. Ero selvatica, anche da bambina!

La casa della nonna e degli zii era piccina ma vivace e quando andavamo lì era sempre festa; la nonna e la zia cucinavano piatti deliziosi: risoto coi figadini, folpi, gaìina, sbrise. Tutte le volte che c’erano i folpi iniziava una divertente pantomima in cui mio papà veniva bonariamente preso per i fondelli. Si rideva tutti perché mio padre, la prima volta che fu invitato a pranzo dai futuri suoceri, quando assaggiò i folpi -che per lui erano un piatto quasi esotico, mai mangiato- fece tanti complimenti alla signora Maria ( mia nonna ) perché secondo lui il ripieno dei folpi era buonissimo, e le chiese addirittura la ricetta! Ed ogni volta ridevamo tutti, pensando ai folpi, al ripieno, a mio papà ed al suo candore. A Padova anche il pane era diverso: mentre a casa nostra ed in albergo da noi c’erano le rosette o le banane, lì da loro c’erano le ciòpe de pan, dalla forma particolare, dal colore diverso ed anche il gusto era più buono; anche la polenta era differente, rigorosamente bianca ( perchè quea giaea a xsè bona par el mas_cio cioè la polenta gialla va bene per i maiali ). Ogni volta si concludeva il pranzo con gigantesco vassoio di paste, a mio zio piaceva la diplomatica, a me i cannoncini con la crema ed a mia sorella le fiamme di cioccolato. La nonna Maria era molto silenziosa, aveva grandi occhi azzurri un po’ tristi e quando era in vena mi raccontava delle favole grottesche degne di un film splatter!!! Ai miei occhi di bambina la nonna Maria era molto temeraria perché, quando per qualche acciacco dovuto all’età la ricoveravano in ospedale, lei scappava per tornare a casa sua, ed io immaginavo sempre che scavalcasse la altissime recinzioni dell’ospedale come una ginnasta o un’acrobata del circo!

CUCCIOLODiRUSPA | L’ospedale da dove la nonna scappava

I cugini poco più grandi di noi erano per me degli eroi, nel senso che facevano tantissime cose che a mia sorella ed a me non era permesso fare, tipo andare in bicicletta sulla strada! Avevano poi un luogo fatato “a camareta” dove tenevano tutte le loro raccolte di fumetti e di giornalini che, quando ero piccola io, erano oggetti di culto: l’Intrepido, Tex, Topolino, Diabolik e TNT. Avevano anche la bicicletta da corsa e mio zio aveva la moto Guzzi: un sogno! Tutti e tre i miei cugini amavano la musica: le ragazze erano, e sono anche adesso, più pop (ascoltavano tra gli altri Renato Zero, Prince, Tina Turner, Michael Jackson etc etc etc ), mio cugino invece ascoltava, anche da ragazzino, Ray Charles, Louis Armstrong, Ella Fitzgerald, Miles Davis. Era bello arrivare a casa loro e sentire sempre bella musica.

Una cosa che adoravo era andare “da basso” alla pompa: nella piazza attigua alla casa della nonna, sotto un albero gigantesco, c’era una vecchia pompa dalla quale usciva acqua fresca dal retrogusto ferroso. Io ero abituata all’acqua in bottiglia, mi sentivo un’esploratrice quando andavo di sotto e azionavo la leva, che faceva un rumore particolare, e poi arrivava il getto di acqua cristallina.

Andare a Padova era ogni volta un momento di vera festa, c’era una bella atmosfera, quella che si respira in una famiglia unita e gioconda. Fin da piccola desideravo andare a passare qualche giorno da loro, amavo andare in giro, dormire fuori casa, ma i miei genitori sono sempre stati molto severi ed ogni volta che chiedevo di poter restare dagli zii di Padova mi si diceva che avrei potuto solo se avessi “fatto giudizio”. Quante volte ho pregato papà affinché mi lasciasse stare lì. Lo zio quando mi vedeva mi diceva:

“eora Sabri, gheto fato giudissio?”

ed io chiedevo a papà:

“papà, adesso ho giudizio?”

CUCCIOLODiRUSPA | Con lo zio ❤

Per farla breve sono potuta andare dagli zii di Padova, per la prima volta, in seconda media per pochi ma bellissimi giorni! Arrivai col treno in stazione a Padova vennero a prendermi in auto, ed a me sembrava di essere andata in capo al mondo perché ero da sola! Ho sempre sentito un grande affetto per tutti loro, così uniti, così casinisti, a volte disobbedienti, ma sempre pieni di idee e di passioni, La casa degli zii di Padova è un posto dove stavo bene, dove sentivo amore, dove c’era casa; ed è ancora così, nonostante alcuni di loro non ci siano più.

TO BE CONTINUED

3 risposte su “quando avrai giudizio”

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